lunedì 7 dicembre 2009

Il sonno, l'Avvento

"Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà. Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni. Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l'aspetta e nell'ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti."


Mt 24, 42-51


La prima parte del passo viene interpretata, e talvolta predicata, come se il Signore avesse in mente di "fregare" l'uomo, come se il Signore fosse il ladro che viene. Ma io credo che la prima parte sia piuttosto una enfatica immagine per spiegare cos'é la veglia: é uno stato di attenzione, di ricerca attiva del bene: il buon servo cerca di fare ciò che vuole il padrone, anche quando questi non c'è. Gesú dice: "vivete con attenzione, non siate superficiali, non agite a casaccio".
Dunque, per comprendere cos'é il sonno spirituale, mi sono domandato cosa sia il sonno effettivamente, perché il sonno torna nelle parabole e nella vita di Gesú (le dieci vergini, i discepoli che si addormentano dopo l'ultima cena...).
"Il sonno é uno stato di alterata coscienza caratterizzato da queste componenti:

1. attivitá motoria ridotta;
2. diminuita risposta a stimolazione esterna;
3. postura stereotipica;
4. reversibilitá facilmente ottenibile (diversamente dal coma per esempio)"

(Eric Kandel, "Principi di Neuroscienze")

Allora "dormire spiritualmente" vorrá dire essere inattivi e poco ricettivi, fare poco il bene ed esserne insensibili. Avete fatto caso a come Gesù, nel vangelo, non se la prenda tanto coi peccatori? Quando incontra una peccatrice, le dice: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato (Lc 7, 47). Perdona Zaccheo il pubblicano e perfino il ladrone sulla croce, però rimprovera in continuazione i farisei, che pare non facciano niente di male. Insomma, questo Gesù lo capiscono meglio ladri e prostitute, che gli uomini del Sinedrio.
Perchè?
Ecco, secondo me perchè dormono. A volte pensiamo di essere più o meno a posto, abbiamo un piccolo mondo di certezze. Stiamo comodi. Altre volte pensiamo di doverci preparare bene per incontrare Dio, perchè siamo indegni ecc. Sono due facce della stessa medaglia: nell'uno e nell'altro caso non teniamo in considerazione il "Padrone di casa", ma decidiamo da noi di assolverci o di incolparci.
Nel sonno non si vede la realtá per come é, poiché i canali sensoriali sono sbarrati, eppure si fanno delle esperienze, i sogni. L'addormentato é concentrato su sè stesso, sul suo mondo. Chi dorme non sempre sa di dormire: solo chi é sveglio puó dire con sicurezza se qualcuno dorma oppure no.
Magari pensiamo di essere sulla buona strada, ma inseguiamo i nostri pensieri, e non prestiamo orecchio a Dio. Magari pensiamo che non facciamo quello che vuole Dio, ma lo faremo domani. Ebbene, Gesù ci dice: sveglia! Dio passa nella vostra vita, e voi dormite!

Questo fatto di giudicare noi stesso e impartirci salvezza o condanna è proprio un brutto vizio.

Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone; ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di farcelo stare.
Rm 14,4

Noi stessi siamo servi altrui, da rimettere al giudizio del Signore. E cosí la mia preghiera spesso risulta infruttuosa, ruotando spesso intorno a me, a quello che ho fatto, che non ho fatto, etc... ma compito mio è fare, non giudicare il mio operato. Capita pure quando si è studenti. Ne avrete incontrati ragazzi che dicono - sono preparatissimo, ho studiato tanto! - e poi all'esame tirano fuori sì e no qualche parola. Compito dello studente è studiare, al giudizio ci pensa il prof. Be', il giudizio è di Dio, inutile distrarsi cercando di stabilire il nostro valore. Il nostro valore è tale che Dio ha mandato il suo unico figlio perchè il mondo lo conoscesse e fosse salvo. Aver fede significa mettere questo di fronte ai nostri criteri di valutazione!

Perciò rimbocchiamoci le maniche anche se sappiamo di non essere perfetti. Nessuna idea deve fermarci nella corsa verso il bene. Meglio fare qualcosa, sbagliare e chiedere perdono, che dormire. Il resto viene dall'orgoglio.
Spesso ho avuto la sensazione che buttarsi giù sia un ostacolo piú grande del peccato in sé stesso, perchè impedisce all'Amore di guarirci. Nessuno spera in ciò che già vede: perciò là dove siamo limitati, dove non vediamo il risultato, quello è il posto della nostra anima in cui Dio farà la sua casa, se speriamo nella sua parola.

Lo dico ancora una volta: là dove comincia il nostro limite comincia la grazia di Dio. Coraggio! Nella nostra debolezza Dio fa la sua casa e si manifesta. Dal grembo della sterile ha tratto santi. S. Paolo scrive:

Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte.
2Cor 12, 9s.

Tempo fa ho partecipato per alcuni mesi alle visite neurologiche con un medico con cui collaboro. Quando entravamo nell'unitá dei malati terminali ero sempre impressionato. Di fronte a pazienti che hanno perso molte delle capacitá che usiamo attribuire all'uomo, il valore delle cose vacilla. Non c'é assolutamente spazio per le inezie; tutto sembra insignificante in quella stanza, ed é una visione talmente disarmante per me, che Dio entra immediatamente in gioco. Non si fraintenda ció che dico, ma quello mi pare il regno di Dio. Lo spazio dove non resta che la caritá.
Piú i pazienti stanno male, piú indietro i loro parenti vanno nel cercare oggetti che siano loro di conforto. Vicino ai letti dei pazienti si trovano pupazzetti, disegnini... come fossero bambini.
Perché parlo del Regno di Dio in quella stanza? Lá dove l'umanitá é quasi annullata, Dio pare piú forte. Il medico gira per i letti senza cura estrema, non visita davvero i pazienti: si avvicina, dice loro due parole, fa loro una carezza, va via.
Sostenere lo sguardo di uno di questi pazienti, quando avevano gli occhi aperti, era per me impossibile. Mi veniva in mente proprio questo paragone: non si puó sostenere lo sguardo di Dio. E Dio afferma proprio di essere nei piccoli e nei deboli.

Questa é la mia preghiera, Signore: venga il tuo Regno nel mio cuore e nelle mie azioni, così che io sia pronto. Lascia che io mi affidi a te quando giungo al limite. Non lasciare che io mi addormenti, ma veglia con me.