venerdì 26 febbraio 2010

Il sacrificio

Un uomo aveva due figli. (Lc 15, 11ss.)

La parabola del figliol prodigo, oggi diffusa con il nome più appropriato di "parabola del Padre misericordioso". Come si può non amarla?
La parabola descrive due atteggiamenti umani e la reazione di Dio a questi. Mettiamoci un po' nei panni di questi personaggi.

Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta.

Il teologo Kenneth Bayley ha condotto per 15 anni un'indagine nell'area mediterranea, includendo la Turchia, il Marocco etc, e domandando a gente di ogni ceto cosa significasse una simile richiesta. Significa che il figlio desidera la morte del padre; ma anche senza tanto livore, il figlio desidera indipendenza dal padre. Per lui questo padre non ha importanza: quello che conta è la grana, per il resto può far senza. Cos'è questo patrimonio che ha Dio, e del quale vogliamo avere la nostra parte?

E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava. Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì e si incamminò verso suo padre.

Di nuovo è la necessità materiale a spingere il figlio minore a pensare al padre. La distanza che ha creato lo fa sentire indegno di essere considerato suo figlio: insomma, egli si rende conto di essere finito nel fango, se ne accorge. Così noi quando siamo nel fango ce ne accorgiamo, e in fondo disperiamo di aver a che fare di nuovo con Dio: pensiamo che ormai è passata, che i tempi in cui pregavamo non torneranno più. È una questione d'amore. Temiamo il rifiuto e non cerchiamo nemmeno più quel vecchio amico che non sentiamo da tanto.

Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.

Pensate un po' Gesù che immagine sceglie! Un padre scomposto, affettuoso, che non ripaga il figlio secondo le azioni di lui, ma secondo l'amore che prova per lui! Pensateci. Se il tuo dipendente si fa i fatti suoi magari lo rimproveri e lo licenzi; il padre invece non vede l'ora che il figlio ritorni!

Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare.

Quello che mi piace assai delle storie di Gesù è che sono umane! Sembra di sentire un fatto raccontato da mia sorella! Adesso pensate un attimo: il padre è contento, si fa festa; ma il figlio maggiore non condivide la gioia del padre, si arrabbia. Cominciamo già a sospettare che non sia unito davvero a lui: vivono insieme ma non si capiscono.

Il padre allora uscì a pregarlo. (sic!) Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.

Il figlio maggiore non ragiona così male. Quel figlio non merita alcuna festa. La meriterebbe lui, che si è sacrificato! Ma il Dono di Dio è tale perché non si merita: Se tu conoscessi il Dono di Dio...
Ma allora a che serve comportarsi bene? A conquistarsi il paradiso, no?

No.

Il paradiso non si conquista, non si scala. Lo si vive nel presente, lo si eredita amando. Ama, ed erediterai il paradiso. Il figlio maggiore non ama suo fratello, perché non gli perdona il tradimento; e non ama il padre, perché non gioisce con lui. Il figlio maggiore, come il minore, pensa: io lavoro e lavoro, e alla fine, quando mio padre schiatterà, erediterò la sua fortuna.
Pazzesco, no? Anche a questo figlio non importa del padre! Gli importa del suo patrimonio: uguale a quell'altro!
C'è da osservare che in questo tipo di parabole Gesù si riferisce sempre all'apertura della rivelazione ai gentili. Il figlio maggiore rappresenta il popolo dei giudei, e in particolare il fariseo. Ricorda infatti quel fariseo che si paragona al pubblicano, mettendo in evidenza i peccati di quello. Ma è proprio del demonio accusare i figli di Dio!
Chi si farà accusatore contro gli eletti di Dio? Guardiamoci dal puntare il dito contro gli altri! Lasciamolo fare al Diavolo, che lo fa di mestiere.

Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;

Questa è la Rivelazione: tutto ciò che è mio è tuo. L'eredità del padre è già nelle mani del figlio maggiore! Il capretto poteva prenderlo da sè e gioirne, perchè la festa della vita è vivere in comunione col padre! Non qualcosa di cui possiamo impossessarci indipendentemente da Lui, ma il fatto stesso di vivere amando, questa è la salvezza. Il figlio se ne è privato da sè, non il padre glielo ha impedito.

ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».

Ed ecco di che si tratta: è la vita quel patrimonio di Dio. Il peccato sta nel volerlo per sè, e allora si perde la Vita, si disperde. Il Dono di Dio è la Vita Eterna. Il figlio minore vorrebbe vivere la sua vita senza significato, ma una vita così è un porcile. Il figlio maggiore la vorrebbe anche lui tutta per sè, e per conquistarla si sacrifica. Ma questo sacrificio non è fatto per amore, e non vale nulla così.
Questa è l'essenza del peccato:

Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto!
Gn 3,1-4

Il serpente dipinge il divieto di Dio come una censura gravosa insopportabile; ma invece il giogo è leggero. Adamo ed Eva però desiderano per sè tutto, e così perdono la vita eterna.
Ma allora a che serve il sacrificio del fratello maggiore? A che serve il digiuno, la penitenza?

Mi ricercano ogni giorno, bramano di conoscere le mie vie, come un popolo che pratichi la giustizia e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio; mi chiedono giudizi giusti, bramano la vicinanza di Dio: «Perché digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?».
Is 58, 2ss.

Qui Dio parla al popolo eletto, i giudei, non agli infedeli. Parla a chi lo cerca, a noi insomma.

Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari, angariate tutti i vostri operai. Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniqui. Non digiunate più come fate oggi, così da fare udire in alto il vostro chiasso. È forse come questo il digiuno che bramo, il giorno in cui l'uomo si mortifica? Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?

Capito? Il digiuno non ha valore di per sè, rinunciare non serve se non per amore! Solo per amore! Allora il digiuno si trasforma in sacrificio, cioè sacrum facere. L'Amore è sacro.

Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto. Davanti a te camminerà la tua giustizia, la gloria del Signore ti seguirà. Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà; implorerai aiuto ed egli dirà: «Eccomi!». Se toglierai di mezzo a te l'oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all'affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio.

La tua ferita si rimarginerà presto! Tanti cristiani hanno una vita arida, non hanno nulla di che lamentarsi, ma ancora hanno sete di Dio, ancora sono feriti, ancora soffrono. AMATE! Dice il Signore. Al Signore non importa di vederci mortificati, gli importa invece che sappiamo rinunciare al bene nostro per gli altri. È semplice, no? Come una madre che per allattare il bambino di alza nella notte. Questo è l'amore. Non serve studiare per capirlo.

Il Signore tuo Dio circonciderà il tuo cuore e il cuore della tua discendenza, perché tu ami il Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima e viva.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.
Dt 30,6.11-14

Questo passo lo commenta S. Paolo stesso:

Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge così: L'uomo che la pratica vivrà per essa. Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo? Questo significa farne discendere Cristo; oppure: Chi discenderà nell'abisso? Questo significa far risalire Cristo dai morti. Che dice dunque? Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.
Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato.
Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati?
Rm 10, 5-11.14-15

Signore, nessuno di noi vorrebbe essere egoista. Abbiamo solo paura, paura di buttarci ed amare con tutto il cuore. Però tu ci capisci, tu sai che reagiamo così perché siamo stati feriti. Non ci piace soffrire, Signore, non piaceva neanche a te nel Getsemani. In fondo, Signore, è perché siamo limitati. Siamo piccoli e poveri, Padre. Abbi misericordia, tu conosci la nostra debolezza! Tu sai quanto è dura aver fede. I nostri occhi sono inondati dalla tua creazione, è difficile prestar fede a ciò che non vediamo.
Perché poi hai scelto di redimere il mondo nel sacrificio? Non c'era un'altra strada?
Ma tu puoi darci questa forza, Signore. Per questo lo Spirito si chiama "Il Consolatore", perché conosci la nostra afflizione. Mandaci questo Consolatore, Padre. Allora potremo godere anche nella tribolazione.
E questa è la tua volontà, Padre, in cielo come in terra. Sia santificato il tuo nome, Signore, nella nostra vita, attravero l'amore, il sacrificio e l'annuncio.
Amen

mercoledì 17 febbraio 2010

Quaresima


In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Lc 4,1-13


Chi glielo fa fare a Gesù, di andare nel deserto, tra le fiere, quaranta giorni, senza mangiare??
Non ci va da sè, lo Spirito lo sospinge. E perchè proprio nel deserto? Perchè la voce di Dio è come il mormorìo di un vento leggero, e ascoltarla richiede impegno.
Ora, Gesù veniva da trent'anni di vita da falegname. Perchè d'un tratto lo Spirito lo chiama? Cos'ha da dirgli? Leggendo poche righe più sotto, abbiamo la conseguenza di quel ritiro spirituale: Gesù viaggia per la Galilea e predica la conversione, l'arrivo del Regno di Dio. In altre parole nel suo "ritiro" il Padre gli ha annunciato il progetto che aveva per lui. Tante volte Gesù dice: "ciò che il Padre mi ha detto", ebbene questa era una delle occasioni in cui il Padre gli ha chiesto di "lavorare nella sua vigna".
Non deve essere stato facile per Gesù, quando il Padre gli ha detto, in preghiera, che era necessario che egli si esponesse predicando, che si assoggettasse alla persecuzione degli uomini, che terminerà con la crocifissione. Ha avuto paura. Potremmo immaginare Satana con gli zoccoli da caprone, le corna e lo zolfo, che si reca da Gesù e lo scarrozza da un pinnacolo all'altro. Ma noi sappiamo cosa Gesù ha provato senza bisogno di effetti speciali: ha avuto paura. È stato tentato di dire che era impossibile per lui - la tentazione del pane, il limite materiale; è stato tentato dal pensare che essere figlio di Dio voleva dire essere una sorta di superman, che con quei poteri poteva fare di testa sua - la tentazione del pinnacolo; gli sono passate davanti le mille altre cose che avrebbe potuto fare della sua vita, piuttosto che andare a morire per persone peggiori di lui - le ricchezze del mondo. Sono cose che fanno parte della vita spirituale di ciascuno. A queste Gesù ha risposto con Castità, Obbedienza e Povertà, sempre tramite la Parola di Dio.

Che se ne fa Dio, che è Amore, della nostra astinenza dalle carni e dei nostri digiuni? Perchè la Chiesa ci chiede di vivere la Quaresima?
Me lo rivelò un caro amico, in una preziosa predicazione di cui mi è rimasta questa nota: "Quando l'uomo chiede è per ricevere, quando Dio chiede è per dare."
Avete presente quel riguardo che abbiamo verso le persone che amiamo, di ricordare i loro compleanni, di comprare un regalo per l'anniversario, etc. etc.? I "fioretti" sono gesti di devozione verso Dio, la cui mancanza non fa soffrire Lui, ma toglie a noi l'occasione di ricordarci di Dio e di dialogare con Lui.
Senza dubbio la parola d'ordine della Quaresima è l'ascolto, il dialogo con Dio, e il numero quaranta (da cui il nome) accompagna il diluvio, l'Esodo, la fuga di Elia, tutti momenti di conversione, nei quali Dio si fa presente per riscattare il suo popolo dal peccato.

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore.
Dt 6,4-6

L'invito di Dio per la quaresima in particolare, e per ogni giorno della nostra vita in generale, è dunque: "Ascolta!!".

«Su, venite e discutiamo» dice il Signore. «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana.»
Is 1,18
In passato ho sofferto molto la lontananza da Dio. Quando ho interrotto la preghiera e la predicazione, questa era diventata una cosa mia, non apparteneva più interamente a Dio. Si trattava di mettermi a pregare e produrre lo spunto di preghiera. L'Ascolto si era svuotato, perchè mancava il Silenzio, quello stesso Silenzio che Gesù ha cercato nel deserto.
Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l'udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?».
1Re 19,11-13

Mi piace molto quest'immagine, perchè descrive bene quel che si prova quando si cerca Dio. "Mormorìo di un vento leggero."

Queste considerazioni le ho fatte l'anno scorso, quando ho avuto la possibilità, perchè me lo ha chiesto il parroco, di dare ancora la Parola.
L'incontro in sè non è stato entusiasmante. Era la prima volta che parlavo davanti a persone che non conoscevo, ero molto emozionato, parlavo troppo in fretta.
Ma pur con le numerose le imperfezioni, ho provato in quel momento un grande senso di libertà perché quello che stavo facendo, e che non mi piaceva, lo facevo per Dio, e quello che cercavo di trasmettere era la Sua Parola, non la mia. L'obbiettivo da raggiungere era che ciascuno pregasse tra sè, e non che si riflettesse dottamente. In generale l'aridità spirituale provata in passato mi ha portato ad amare queste imperfezioni. Ci vedo il vento leggero, lontano dal chiasso dell'ambizione e della superbia. Ed è bello fare qualcosa senza averne la ricompensa della soddisfazione personale.

Signore, rileggendo queste note mi accorgo di quello che allora mi hai dato, che in parte è entrato nel tessuto della mia preghiera, e ne sono lieto. Mi accorgo pure che non tutto è entrato a far parte della mia vita, e tu mi dici: su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino. Per aver ricevuto la tua Parola, Signore ti ringrazio, e su di essa confido: sono con voi tutti i giorni. Vorrei che questo mormorìo intervenisse nelle mie scelte, vorrei che fossero fatte attraverso di Te e per Te, e allora sono certo che non me ne pentirei. Non è più dolce soffrire per amore che godere nella solitudine? Mi piacerebbe poterti avvicinare tutto in una volta, senza dover aspettare, senza dover crescere, senza dover ancora cadere.
Ma se questa è invece la tua volontà, sia fatta la tua, non la mia.

domenica 7 febbraio 2010

Cristo Re

Io santificherò il mio gran nome che è stato profanato fra le nazioni, in mezzo alle quali voi l'avete profanato; e le nazioni conosceranno che io sono il SIGNORE", dice il Signore, DIO, "quando io mi santificherò in voi, sotto i loro occhi. Io vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi, e vi ricondurrò nel vostro paese; vi aspergerò d'acqua pura e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in pratica le mie prescrizioni. Abiterete nel paese che io diedi ai vostri padri, sarete il mio popolo, e io sarò il vostro Dio.
Ez 36,23-28

Questo post ho cominciato a prepararlo il 14 Ottobre. Ho pensato di postarlo il 22 Novembre, era il giorno di Cristo Re. Quel giorno ricorreva per me il settimo anniversario della cresima, sapete, la Confermazione.
Perchè a due mesi dalla mia conversione, questa si è tradotta per me in sacramento, quel sacramento in cui uno dice:"Eccomi, Signore! Abbraccio la vita che tu mi metti davanti, con questa fede, in questa chiesa, sono il tuo soldato". E qui ho cominciato a pregarci su, a meditare, e mi sono fermato. Perchè questo passo di Ezechiele io lo leggevo al futuro, ma vedete, questo è il passato, questo è già successo.

La promessa di questo passo Dio l'ha mantenuta. A livello storico, perché Gesù è venuto sulla terra, e tutto quanto detto è stato fatto. Il Signore si è santificato in noi, nell'umanità, nella santità di Cristo. Gli apostoli hanno radunato gente da tutti i paesi, perché tutti diventassimo cittadini del cielo. Dio ci ha dato un cuore nuovo e il suo Spirito, dopo la morte di Cristo; eravamo duri di cuore e siamo stati cambiati.
Io l'ho vissuto anche a livello personale, io l'ho incontrato Cristo, ho avuto un cuore nuovo, sono parte del popolo di Dio. Eppure l'attesa non si estingue, e sempre sento quel che mi manca, la mia distanza da Dio. È ingiusto, però, credere che la salvezza arriverà domani, tutta insieme. La salvezza, in questi sette anni, Dio me l'ha data poco a poco, e il molto che ancora mi manca me lo dà giorno per giorno. I nostri errori, i nostri limiti, sono tali oggi, e ci disgustano, ma sono un passo di un lungo cammino. Quello che oggi sembra un male abietto é uno stadio incompleto del bene. Quando i neonati gattonano non sono impediti. Stanno solo imparando.
Stiamo solo imparando a fare il Bene, ma il Bene c'è, lì sotto, dentro di noi. Bisogna che continuiamo a imparare.
Nella festa di Cristo Re che si avvicinava, mi chiedevo in cosa questo Regno consista, e in cosa credo, e perchè ci credo, e cosa mi ha convinto, se ne sono ancora convinto. Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni (1 Pt 3, 15).

Ho cercato allora nella Parola di Dio, ed ecco il vangelo del giorno di Cristo Re:

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?».
Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù».
Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».

Gv 18, 33b-37

"Il mio regno non è di questo mondo". Queste parole mi hanno tenuto sospeso. Che differenza fa Cristo? Per quale motivo avevo scelto di servire questo re?

Guardate, Cristo si è comportato in modo peculiare. Quando lo arrestano, non fugge, e nessuno combatte per lui; avendo un grande messaggio da dare, non lo ha scritto perché potesse ispirare le generazioni future, ma lo ha affidato a un gruppo di pescatori, verbalmente, vivendoci accanto per tre anni e parlando con loro. Altri capi e innovatori religiosi, o saggi, si sono lasciati proteggere da zelanti politici o da gruppi di fedeli. Penso ad esempio a Lutero, a Maometto, a tanti papi. Gesù no, va a morire. Di una morte umiliante, che per un giudeo era il segno chiaro:"Questo qui non è stato accettato dal Sinedrio, quindi era un bestemmiatore."
Ma fin qui ci arrivava anche il buon Socrate.
Gesù è ancora più strano. Avendo capito molte cose, poteva tirar fuori una sua idea, farne una teoria, come il marxismo o la maieutica. Gesù, invece, insiste per scomparire: afferma sempre che tutto quanto dice non è venuto in testa a lui, ma glielo ha detto il Padre.
Io ho letto la biografia di Terzani, e devo dire, un uomo saggio. Pur quest'uomo saggio, giunto alla fine della sua vita, chiama il figlio e gli racconta le sue memorie. Terzani non si lascia disperdere così, nella storia. Pur distaccato dalla vita, non si distacca dal dire la sua, dall'esprimere quella sua vita in pagine che sono in qualche modo garanzia di immortalità. Gesù non fa preparativi di sorta, il tutto si limita a una preghiera a cena.
Di solito quando uno è re detta le regole. Gesù no, lui rispetta le regole degli altri. Cavolo, il figlio di Dio poteva pure dire di fare una cerimonia in questo modo anzichè in un altro. Lui la lascia agli uomini, la liturgia. Quante volte nella storia dell'uomo un leader cambia le regole? Pensate alla rivoluzione francese. Gesù invece obbedisce alle regole di Mosè, e pure a quelle di Cesare, e anzi le fa diventare più esigenti. Robespierre arriva e dice: via il re Luigi, a morte, non c'é bisogno. Gesù arriva e dice, non solo non dovete tradire vostra moglie, come sta scritto, ma non dovete neppure pensarci a tradirla. La dovete amare, vostra moglie. Che non è mica più facile. Tradire è un fatto, anzi non-tradire è un non-fare; ma amare, questa è una cosa che si gioca senza testimoni, senza prove da superare, è un impegno che non finisce più.
Quando uno è re mangia di più degli altri e gli toccano gli onori. Gesù digiunava e lavava i piedi ai discepoli.
Quando uno è re, minimo minimo deve stendersi a dirimere le questioni di legge (era così specialmente tra i giudei, i quali chiedevano udienza presso il re perché questi giudicasse le cause). Quando a Gesù portano l'adultera, egli non la giudica. Tutti sanno che l'adultera non avrebbe dovuto tradire il marito. Lo sanno i giudei che la vogliono lapidare, lo sa Gesù e lo sa pure lei. Lui le dice invece: va' e non peccare più (Gv 8,11). Qua c'è da pensarci un attimo. Non è che Gesù fosse meno ebreo degli altri. Naturalmente da ebreo gli viene presentata la peccatrice, egli può spontaneamente pensare:"Troia. Lapidiamola." No, invece. Gesù è venuto a salvarla la gente, non a condannarla.
Se tu sei re e uno ti attacca, ti toglie dal trono e ti mette in ridicolo, come minimo gli scagli una maledizione. Gesù invece muore pregando perché chi l'ha messo in croce sia perdonato.

Ma dove lo trovo un altro così? Seriamente. Mettiamoci a ripassare la lista dei rivoluzionari, degli eroi, dei profeti, e vediamo. Io non l'ho trovato. Delle persone hanno cercato di fare un po' come lui. S. Francesco, S. Agostino, S. Bernardo... Ma è l'originale, Gesù, che mi lascia a bocca aperta.

Prima di convertirmi non era certo mio uso inchinarmi davanti alla croce. Nel mese in cui poi mi convertii frequentavo un oratorio dell'Opus Dei, in una residenza universitaria dove andavo a studiare. Avevano molti libri e una bella cappellina. Ricordo che una volta entrai nell'oratorio, un po' curioso, un po' con vergogna, insomma, io ero un giovane ambizioso intellettuale ateo :D Sgattaiolai dentro infilandomi subito tra le panche, senza arrivare di fronte all'altare, là dove il buon cristiano si genuflette. Sedetti, e poi pensai a come ero entrato. Un po' come un imbucato a una festa, che non vuol incontrare il padrone di casa. Realizzai allora quanto ero attaccato al mio orgoglio di guardare Dio da pari a pari, perché io ero ateo, io ero un uomo libero, e quella... era una statua. Lì pregai per la prima volta. Mi sentivo così schiavo, e avrei voluto essere così libero. Mi sentivo incatenato a terra, e volevo volare.
Ora, che libertà è giurare fedeltà a un re? Non è che sia proprio libertà. Ma io avevo incontrato delle suore, e avevo visto come loro vivevano questo cristianesimo, questo amore. Caspita, era diverso dal resto del mondo. Il mondo che conoscevo, che potevo prevedere, il mondo che potevo tenere in tasca. Con i mezzi che fin da piccoli impariamo a conoscere, le relazioni interpersonali, la cultura, la filosofia, la politica. Con tutta questa ricchezza di mezzi, l'umanità non cambiava. Non cambiava neppure gli individui; ma queste suore, queste possedevano l'afflato di originalità, di stranezza, che era caratteristico di Cristo.

Allora, nel vederlo anche realizzato, ci ho creduto, alle parole di quest'uomo, che ho trovato scritte dai suoi seguaci. Chiaro che a me piace pensare di essere libero, indipendente, grande e potente. Chiaro che mi piace l'idea di diventare professore un giorno. Naturalmente sogno di avere un bel lavoro, una bella famiglia, scrivere libri influenti e avere a cena i miei amici. Re di questo mio piccolo mondo.
Ma essere servo di questo re, Gesù, non posso negarlo, mi piace di più.
Le risposte di questo mondo non mi bastano. La politica non è sufficiente. Verrà mai lo stato a dirvi di risparmiare, perché c'è gente più povera di voi che ha bisogno dei vostri soldi più di voi? No, lo stato vi dà gli incentivi per cambiare auto. Come potrebbe fare altrimenti? Col comunismo? Bene, disparità non ce ne sono più, ma sembra che la libertà di pensiero ne risenta un tantino... e allora?

E allora Cristo è l'alternativa. Non è un'idea da argomentare, è una persona, il cui comportamento si capisce solo con l'amore. Cristo ha amato, e anche io voglio amare come lui. Perciò credo a quello che ha detto. Spesso ho dei dubbi sulla mia fede. Ma mi sostiene il fatto che Cristo ha detto che questo Dio c'è, che sono suo figlio, ed è l'unico uomo a cui mi sento davvero di prestare fede. Non perché faceva i miracoli. Perché amava più degli altri, per questo gli credo. Non gli resisto, perchè mi sono proprio innamorato della sua Verità, della sua Vita. È per me una fonte di ispirazione, di crescita e di consolazione. Soffro quando non riesco a comportarmi come Cristo, godo quando riesco ad amare come Egli ha amato, quando mi sento unito a lui.
Studio il suo comportamento con attenzione. E mi consola pensare, quando sbaglio, che almeno ho tentato di amare. Alla fine non ce l'ho fatta, ma quello che a Cristo non piace è che non ci si butti neppure nell'avventura, omettere è il peccato radicale. Dimenticarsi di amare. Ignorare le persone (nel peccato originale, ignorare Dio).

E naturalmente l'Amore è esigente. Non è che posso andare da mia moglie e dirle:"Senti, io ti amo, però insomma sii tollerante, a me le femmine piacciono assai". Cristo è esigente. Non si può stiracchiare la Verità qua e là per farci entrare tutto quello che ci piace. Bisogna cercarla, questa Verità, non inventarsela. Io la cerco nelle parole di Cristo, nel tentativo di vivere come Lui. Oggi porto un frutto magro. Ma a tentoni, col tempo, anche questo neonato imparerà a camminare eretto...


Per questo amore, Signore, per l'occasione di incontrarti, per avermi cercato, ti ringrazio profondamente. Per il cuore nuovo, per i cambiamenti che hai fatto i me, e per quelli che prepari; per l'amore che ho ricevuto dalle persone, per l'amore ricevuto da te, per il calore della tua preghiera; per la sofferenza, in cui mi hai mostrato la strada; per la solitudine in cui hai sussurrato la tua parola; per la compagnia in cui mi hai donato la gioia; per il pane che mi hai dato, per l'intelligenza, per il corpo, per l'occasione che ho avuto di imparare e di amare; per la Speranza nel Tuo esempio, per la Fede di chi ha acceso in me la Fede; per la bellezza del mondo, delle creature, per il mistero che ci circonda, ti ringrazio, Padre, di cuore. E ti prego con fiducia, che tu mi insegni a Obbedire a questo Re, e lasciare che la tua volontà sia fatta davvero nella mia vita.