venerdì 25 marzo 2011

Essere stranieri

Il Signore disse ad Abram:
«Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria
e dalla casa di tuo padre,
verso il paese che io ti indicherò.

Gn 12, 1



soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia.

2Tm 1, 8b-9a



Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».

Mt 27, 1-4



Tre brani biblici, tre impressioni dell'attività di Dio nella nostra vita. Sarebbe facile dilungarsi sul valore di questi temi, da un lato iscritti profondamente nella natura umana, dall'altro espressioni efficaci dell'amore di Dio; ma più giusto ed efficace sarà parlarne nel contesto in cui sono state concepite e armonizzate: l'esperienza personale, attraverso la quale ogni ebreo leggeva la grandezza di Dio.


La terra.

La mia terra è la città di Bari, con il suo Campus, e la Residenza del Levante, le viuzze di ceglie e i viottoli di Ognissanti, la Murgia, difficile definirla meglio. Ciascuno sa cosa significa per se stesso, e l'esperienza all'estero forse ravviva l'affezione alla propria terra.

È questo dunque che Abramo lascia per volere di Dio?

Sì, e molto altro. Abramo parte con una moglie sterile (capitolo precedente) e abbandona parenti, averi e luoghi amati, per sempre. Il trasferimento di Abramo non è un Erasmus, ma una migrazione senza ritorno, che intraprende insieme a un parente - Lot - dal quale a breve si dividerà. Abramo resterà atavicamente solo, unico adoratore di questo Dio che lo strappa alla sua terra con la promessa di grandi ricchezze e una portentosa - quanto impossibile, per la sterilità della moglie - discendenza. Inizierà la sua carriera con una carestia che lo costringerà a fuggire in Egitto, facendo passare sua moglie per sorella affinché gli sia risparmiata la vita, tollerando il di lei concubinato con il faraone. Il che significa, per Abramo, rinunciare alla promessa di Dio di avere una discendenza. Dio poi lo tira fuori di lì, e giù ricchezze, ma subito è coinvolto in una guerra - tutto ciò prima che vi sia la minima avvisaglia che egli avrà effettivamente un figlio.


Adesso, soffermati a considerare questo passo di Abramo. Esci dalla tua terra. Da ciò che conosci, dai tuoi valori, dai tuoi piani e progetti, da quello che pretendi dalla tua vita, da quello che vuoi controllare; e osserva l'obbedienza di Abramo - uomo simbolico, che però umanamente si immiserisce e si rialza, come te e me. Soffri anche tu insieme con me per il vangelo, aiutato dalla forza di Dio. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa.


Volesse il cielo che questa vocazione fosse chiara, e che noi potessimo vedere che cosa Dio ha preparato per noi! Se egli ordinasse ai suoi angeli di parlarci, e illustrarci come e dove soffriremo per il vangelo, allora non ci inganneremmo, e forse inseguiremmo questa chiamata, e forse usciremmo da questa terra. Che, vedete, non è solo la patria. È il luogo del riposo. Il luogo del noto, dell'amico, le circostanze favorevoli che cerchiamo nella nostra vita. Quel set di aspettative e circostanze che reputiamo ci rendano felici, indipendentemente da Dio.


Come se la tua e la mia felicitá dipendessero unicamente dalle circostanze.


Ignazio di Loyola, nei suoi Esercizi Spirituali, spiega che amare Dio implica non preferire una vita lunga a una breve, la salute alla malattia, la ricchezza alla povertà, la compagnia alla solitudine; ma trattare ogni condizione allo stesso modo, e in questa condizione vivere il Vangelo.

Noi siamo ossessionati da questa costruzione, da questa torre di Babele di circostanze da migliorare, sulle quali lavorare, curricula, salari, amicizie, attività per il tempo libero.


L'hai dimenticato? Hai dimenticato quando Gesù ti condusse in disparte, su un alto monte? Nelle parole di una predicatrice, su una scogliera lontana, nel verde silente, fu trasfigurato davanti a te; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco ti apparvero Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Allora credesti, credemmo, di capire l'ordinamento del mondo, e di vederlo con occhi divini. Ci credemmo capaci di qualunque perdono, reputammo di poter abbandonare ogni cosa per l'unica che valeva la pena. Sembrava che questi caratteri stampati fossero cosa viva, e sembrava che parlassero proprio a noi, in quei giorni, mentre ci attendeva un esame, mentre programmavamo il sabato sera, pareva che il filo diretto con la Legge e i Profeti non si sarebbe mai spezzato. Pensammo che era quella la vita vera. Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia.


Ma non necessariamente a questo isolamento ci chiama Dio. Ci chiama a un amore attivo, inarrestabile. A costo di quella terra, a costo della sofferenza, a costo perfino di quei momenti di grazia benedetta. Abramo continuò a vivere da nomade, in tenda, senza mai entrare in una città. Restò sempre straniero. Dei tre discepoli presenti quella sera, uno morì crocifisso a Roma; uno scrisse un vangelo; dell'altro non so, ma non rimase a conversare con Mosè ed Elia, la sua lettera nel canone rivela uno spirito attivo nella comunitá.



Il Signore ci renda capaci di apprezzare ogni sfaccettatura di questo Servizio che è la nostra vita, e l'avventura dell'essere forestieri, e la sofferenza, e la gioia della grazia. Il suo Spirito ci unisca e ci conduca a una preghiera sincera, a una chiarezza di mente, a un cuore capace di amare con tutte le nostre forze.

Amen.

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