domenica 18 agosto 2024

Siamo chiamati all'Amore da cui proveniamo

Nelle preghiere di questi giorni ho meditato sul passare dal prepararmi a morire al prepararmi alla vita eterna. Questa preparazione richiede una conversione profonda e un riposizionamento in riferimento al senso della vita. Si tratta di una scelta consapevole, che però non avviene in un momento solo, ma in tutti gli istanti che compongono questa vita. E qual è il suo frutto, perché io possa riconoscere che il discernimento mi ha condotto a seguire la volontà di Dio? In estrema sintesi, è l'amore:


Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte. In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli. Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità.

1 Gv 3, 14.16-18


Su questo brano così bello nella sua concisione e franchezza c'è qualche osservazione da fare. La lettera di Giovanni traccia l'amore come il segno da cui ci rendiamo conto di essere viventi. E', cioè una conseguenza della conversione. Infatti, chi non ama rimane nella morte, che si caratterizza come la nostra condizione originaria. Poi, però, si specifica che la nostra vita (eterna) viene dalla vita che Gesù ha dato perché ama noi. C'è, quindi, un ciclo: l'Amore iniziato da Dio lo conduce a mandare il Figlio per salvarci, e la Vita che è in lui entra a far parte di noi, affinché noi a nostra volta possiamo amare, e amando, doniamo Vita (come nel vangelo della Samaritana). Questi passaggi sono un tutt'uno: non è possibile accettare l'Amore di Dio e non amare a nostra volta, e non è possibile condurre una vita senza amore e al tempo stesso dichiarare di aver conosciuto Dio.


Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello.

1 Gv 4, 19-21


Signore, ti ringrazio per avermi donato di desiderare la vita. L'esperienza della malattia mi ha fatto conoscere la tua misericordia per me che non sono ancora giunto alla Vita, ma desidero cambiare il mio cuore e accogliere il tuo Amore. Per questo imparerò giorno per giorno ad amare i miei fratelli secondo la tua volontà. Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra.

Il battesimo nella vita quotidiana

Ogni tanto mi aiuta ricordare che i vangeli sono stati messi insieme da una comunità di seguaci di Cristo che viveva sul chi va là delle persecuzioni, condivideva tutto e annunciava la Buona Novella a coloro che incontrava. In quel frangente così fragile e pericoloso della incipiente fede cristiana, c'era una simbolo che era sinonimo di fede ormai irrevocabile, la conquista della vita eterna una volta per tutte - a meno di qualche tirata d'orecchi da parte di Paolo o degli altri apostoli. Il battesimo.

Nella dinamica della vita e della morte delle meditazioni di questi giorni, il battesimo è lo spartiacque ("spartiacque" è qui un lemma particolarmente ispirato!). Prima del battesimo c'è una vita senza fede e senza senso. Dopo c'è una vita che non muore perché non ha a che fare con la carne, ma con lo spirito. Il concetto è espresso in modo esplicito da Giovanni e da Paolo.


Quelli infatti che vivono secondo la carne, tendono verso ciò che è carnale; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, tendono verso ciò che è spirituale. Ora, la carne tende alla morte, mentre lo Spirito tende alla vita e alla pace. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete.

Rm 8, 5-6.12-13


Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura.

Gal 6, 8.15


L'essere nuova creatura è quella conversione che Giovanni Battista, e poi Gesù, avevano predicato. E', nei fatti, l'essenza della Buona Novella: convertirsi, credere, cambiare vita. Lo spiega anche Gesù in persona a Nicodemo: rinascere "da acqua e spirito".


Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito.

Gv 3, 4-6


Il brano di Giovanni riecheggia l'Antico Testamento, e doveva toccare corde profonde non soltanto nei Gentili ma anche negli ebrei, estremamente attenti alla purificazione rituale. Un brano di Ezechiele evoca ancora una volta la conversione del cuore:


Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme.

Ez 36, 25-27


Nel brano di Nicodemo, una possibile interpretazione è che Gesù parli di acqua in senso esclusivamente figurato, ma l'acqua torna insistentemente nei primi capitoli del vangelo di Giovanni. Io ho l'impressione che, essendo il vangelo di Giovanni stato redatto da una comunità più che da un solo uomo, ci fosse l'intento di attribuire l'istituzione del battesimo a Gesù e valorizzare questo sacramento come l'evento che donava vita ai catecumeni. In realtà, Giovanni stesso specifica che, laddove la predicazione del Cristo si è accompagnata a un battesimo, non Gesù battezzava, bensì i suoi discepoli. Nelle parole di Gesù, l'acqua è piuttosto associata alla sete che alla purificazione:


«Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Gv 4, 13-14


La grande promessa di questo brano è la revoca della condanna di Adamo ed Eva: Gesù ci può donare davvero di diventare simili a Dio. La Parola ci trasmette questo invito come una esigenza epocale, un atto di fede che avviene una volta per tutte e si esprime attraverso il battesimo. Ma per noi, battezzati da bambini, quell'attimo è diluito lungo tutta la vita. Scegliere la Vita diventa, per noi, il discernimento necessario per identificare, in ogni piccola scelta che facciamo, la grande scelta fatta per cercare il Regno di Dio.


sabato 17 agosto 2024

Scegliere la Vita

Nell'ultimo spunto, Marco raccontava del giovane ricco, fallito discepolo di Gesù per via della priorità che le sue ricchezze avevano per lui. E' su questa articolazione dei concetti biblici di vita e morte che si gioca la parte che l'uomo compie nella salvezza. Che cosa ci facciamo al mondo? Per l'appunto, ci prepariamo alla Vita. Dio chiarisce che è una nostra scelta:


Davanti all'uomo ha messo la vita e la morte, e darà a ciascuno quello che ciascuno si sceglie.

Sir 15, 17


Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica. Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva.

Dt 30, 11.14-16


E' bello constatare come questo brano del Deuteronomio sia coerente con quanto afferma Gesù in Gv 15. Gesù stesso, argomentando in favore dell'esistenza della vita dopo la morte, dice che solo a chi vive è possibile relazionarsi con Dio. Chi rimane nella morte e non si converte, non trova Dio.


Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Non è il Dio dei morti, ma dei viventi!».


Mt 22, 32


Insieme ai dodici discepoli che conosciamo, ce ne sarebbero stati molti altri, ma neppure Gesù è riuscito ad attirarli a sè:

A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

Lc 9, 59-60

Gesù non è rimasto indifferente a questi fallimenti, benché le motivazioni dei rifiuti che subìva, come seppellire il padre e aspettarsi la salvezza in ragione del successo in questa vita, dovevano apparire estremamente ragionevoli agli ebrei del tempo. Ecco, infatti, come Gesù metabolizza la faccenda del giovane ricco:

Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi».

Mc 10, 23-31


Rileggendo questo passo alla luce della rivelazione che il Regno di Dio di cui parla Gesù non è altro che la scelta della Vita in questo tempo, che consiste nell'amare Dio e i fratelli rispettando i suoi comandi, vedo che Gesù sta dicendo: non riusciamo a convertirci. Non riusciamo a prendere questa decisione una volta per tutte. Tante piccole decisioni, tanti istanti, riusciamo a raccoglierli, ma una volta per tutte, no. Mi viene conforto, però, dall'osservare che Gesù stesso dice: non potete fare diversamente. Questa scelta non è una decisione come quelle che prendiamo sul lavoro. E' una decisione come quelle matrimoniali. Si matura nella condivisione quotidiana con Dio.

Sulla chiosa di Pietro, Gesù vorrebbe sbilanciarsi e dire che avranno la loro ricompensa; ma non è finita finché non è finita, e quel che Gesù avrebbe voluto dire a Pietro, non avrebbe potuto prometterlo a Giuda.





giovedì 15 agosto 2024

Di cosa sono fatti gli istanti di vita eterna?

La domanda di ieri era come prepararsi alla Vita, la risposta - rimanete nel mio amore, osservando i comandamenti e amandosi gli uni gli altri. Come si applica in pratica, e quali sono i frutti che ne derivano? 

Mentre andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Mc 10, 17-22

Questo incontro è presente nei tre sinottici, il che per me conferma che si tratta di un evento che ha colpito i discepoli ed è stato raccontato a voce per molto tempo. Potrebbe esserci difficile immedesimarci in questa situazione, proprio a causa della nostra formazione cristiana. A ben guardare, ci sono buoni motivi per cui questo incontro poteva scandalizzare un gruppo di ebrei.

Bisogna innanzitutto che consideriamo che per gli ebrei il successo in questa terra corrispondeva alla ricompensa per l'anima pia. Ad esempio, nel libro di Giobbe, nel quale il protagonista per un certo tempo della propria vita sperimenta la deprivazione e la sofferenza, i suoi migliori amici si recano da lui per convincerlo che, per meritare questo castigo, deve aver peccato. Nel libro dei salmi, si pone continuamente il problema di ciò che sarà dell'empio che apparentemente ha successo in questa vita, concludendo che a un certo punto sarà sconfitto, se non altro, dalla morte e dal giudizio divino. Nel libro della Genesi, coloro che non sono graditi a Dio muoiono prematuramente e senza discendenza. Ad Abramo e ai padri fondatori di Israele è promessa lunga vita ed una grande discendenza. Per cui, mettiamoci intanto nell'ordine di idee che il ricco è un benedetto da Dio, e il successo testimonia quanto bene ha fatto: perfino Giobbe, dopo tutte le sue sofferenze, conclude la propria avventura spirtituale con il doppio delle ricchezze e dei figli che aveva prima che su di lui si abbattessero le disgrazie volute da Satana.

Dunque, fa specie che, tanto per cominciare, quest'uomo si inginocchi davanti a Gesù. E' un segno di umiltà, devozione e fede. Quest'uomo crede nei segni e nella parola di Gesù. Lo chiama "maestro" e "buono", e quando parla della vita eterna, non parla di ottenere e conquistare, ma di un dono gratuito: una eredità. Dunque, quest'uomo ha compreso che Dio ci cerca per primo, che ci ama, e che è libero di farci un dono. Il giovane ricco mi passa avanti nel Regno dei Cieli. La reazione di Gesù è abbastanza inattesa: non mi adulare.

Perché Gesù reagisce così, essendo colui che dice ai suoi discepoli: voi mi chiamate maestro e signore, e dite bene, perché lo sono? Forse interpreta l'espressione del giovane ricco come una captatio benevolentiae. E' sincero quest'uomo? Oppure è uno dei farisei mandati a metterlo in scacco? Gesù risponde che il bene è uno solo, come dire che c'è un solo Dio, il che rimanda alla sua unità con il Padre. E poi continua come da Gv 15, dicendo di rispettare i comandamenti.

Allora quello risponde che questo lo ha già fatto, e Gesù lo amò. Ecco, a mio parere questo significa che gli ha dato fiducia. Ha capito che era sincero. Non era un fariseo. E allora ha dismesso le frasi preparate contro l'idolatria dei farisei e gli ha detto ciò che ha detto ai suoi discepoli. Seguimi. Ma prima di seguirlo, gli ha chiesto di mollare le sue ricchezze. Forse il suo vestiario tradiva lo status sociale. Ma allora, significa questo che seguire i comandamenti, in contrasto con Gv 15, non basta per la vita eterna? Torniamo un attimo alla teologia giovannea, che è molto esplicita riguardo a questo tema:

In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Gv 5, 24
«Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo»

Gv 17, 3
Tutte queste espressioni sono sinonimo di salvezza: il Regno dei Cieli; la Vita Eterna; credere a colui che ha mandato Gesù; conoscere Dio; seguire Gesù. Non dobbiamo pensare al dopo la morte, in quanto la morte non ha significato per Dio. Ha significato per lui che lo amiamo al di sopra del resto. Il giovane ricco non ci riesce, non perché sia avido o avaro, ma per un altro motivo: questo contraddice quanto gli è stato insegnato. Questa storia di vendere i beni ai poveri è una novità che introduce Gesù. E' il modo di testimoniare che Dio vale più di goni cosa umana. E' quasi alla pari dei miracoli, ed è ciò che distinguerà i primi cristiani, all'epoca in cui la loro predicazione conquisterà perfino Roma. Non si tratta di soldi: si tratta di priorità. 

Signore, noi non abbiamo compreso una volta per tutte il tuo disegno, però lo afferriamo, in qualche modo, con il cuore e la mente. Ci sono istanti in cui ti abbiamo pregato e ci siamo riempiti di Te, e ogni altra cosa ha perso significato. Quelle sono boccate di Vita Eterna. Fa' che possiamo averne di più e più a lungo. Fa' che rimaniamo nella grazia che ci doni in preghiera.


martedì 13 agosto 2024

Come prepararsi per la Vita

Due mesi fa ho fatto un regalo al mio capo: una bibbia tascabile. Egli non è praticante, ma dopo un lutto aveva cominciato a porsi delle domande, così gli ho regalato quella stessa edizione che per 22 anni mi ha accompagnato nella mia vita di fede. Ho completato il mio regalo evidenziando, nella bibbia che ho regalato a lui, i passi su cui ho pregato nei primi anni della mia conversione. Per farlo, ho estratto da una scatola abbandonata da anni i quaderni su cui trascrivevo le mie preghiere. A quell'epoca, mentre pregavo sulla Scrittura sentivo a volte che Dio mi evidenziava una frase, così l'annotavo. Non sempre, però, finivo per scrivere una preghiera. Rimaneva lì per il futuro, e tante frasi annotate sono ancora in attesa. 

Analogamente, nel riprendere in mano questo blog, ho trovato degli interventi incompleti. Nel mio percorso di meditazione, ero chiamato proprio oggi ad affrontare il tema del prepararsi alla Vita. Ho ritrovato uno spunto non pubblicato, che forse, analogamente ai passi annotati in gioventù, era in attesa che io facessi l'esperienza che mi avrebbe portato a vivere sulla mia pelle quello che avevo intuito in preghiera. Quella bozza, che costituisce parte del testo che segue, era del 25 ottobre 2009 - 15 anni fa.

A quell'epoca ero da poco stato a Berlino, per andare il giorno successivo a una conferenza lí vicino. Dormii in una stanza messa a disposizione da una parrocchia protestante, il cui sacerdote é il padre di un mio amico (come appunto puó succedere... ;)) Pregai sul passo in cui Giovanni parla della vite e i tralci. Mi è sembrato una risposta alla domanda: ora so che devo prepararmi alla vita - come fare? Prima, però, ricomincio da dove ho lasciato ieri.

L'intuizione dell'epoca fu: per qualunque ideale si può morire e subire torture orribili, come tanti eroi nella storia hanno fatto (dare la vita per...). Ma la Fede dà piuttosto il coraggio di vivere, quel coraggio che a me è mancato quando sono giunto all'esperienza della malattia. Il discorso della malattia mi ha fatto venire in mente quando Gesù ne parla - per cosa è utile la malattia nella mia vita?

Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato».

Gv 11, 1-4

La storia continua con la resurrezione di Lazzaro: la vita che continua oltre la morte. Il male del corpo è per Lazzaro un motivo di incontro con Dio. E lo è stato per me: qualcosa che mi ha portato, benché per una via tortuosa, ad avvicinarmi a Dio. Mi è già successo, in passato, di sperimentare più fervore nei momenti in cui ero fisicamente vulnerabile. Nel mio matrimonio, mia moglie ed io ci siamo riavvicinati dopo un periodo di crisi proprio aiutati dal prenderci cura reciprocamente della nostra malattia. San Paolo parla lungamente di come Dio si manifesti nella debolezza, fino a concludere che vive completamente per Cristo.

Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Gal 2, 20

Ecco allora il passo su cui pregai 15 anni fa:

«Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.

Gv 15, 1-12

Questo passo racchiude una vera e propria summa della vita cristiana, parola per parola, e non c'è spazio qui per commentare tutto. La Parola é lo strumento che forgia lo spirito a immagine e somiglianza di Dio (siete mondi per la parola che vi ho annunziatola parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore. Eb 4, 12). Dunque non siamo noi che ci prepariamo alla Vita, ma è Dio che ci chiama alla Vita e ci prepara per essa. A noi sta rimanere con Dio. E' Caritá ció che ci mantiene nell'amore di Dio (seguite i miei comandamenti = amatevi gli uni gli altri). La Fede é concessa a coloro che restano nell'amore di Dio (se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete ció che volete e vi sará dato). Questo per me è molto significativo: non è che Dio esaudisce i desideri di chi ha Fede. Se così fosse di fatto farebbe preferenze. La Fede avvicina la nostra volontà a quella di Dio:

Sia fatta la tua volontá, Signore,
come in cielo cosí in terra.


Mt 6, 10

lunedì 12 agosto 2024

Perché il Signore mi salva la vita, piuttosto che chiamarmi a sè?

Dopo la mia operazione, quando non potevo più parlare come prima, ho chiesto al Signore di poter recuperare la voce, pregando quasi ogni giorno il Salmo 130. Questo salmo si apre proprio con la richiesta che la mia voce fosse udita dal Signore. C'è poi la speranza che il Signore risponda con la sua parola. Qui il salmista sembra soprattutto preoccupato delle colpe del popolo di Israele. Quando pregavo, ho sentito la necessità di ricambiare il Signore per il dono della voce, e ho fatto voto di utilizzarla per predicare la sua Parola, quella Parola che avrebbe risposto alla mia voce inaudibile e mi avrebbe salvato. Chiedevo la salvezza, facevo voto di servizio. 

Sal 130 
1 Canto delle salite. Dal profondo a te grido, o Signore; 
2 Signore, ascolta la mia voce. Siano i tuoi orecchi attenti alla voce della mia supplica
3 Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? 
4 Ma con te è il perdono: così avremo il tuo timore. 
5 Io spero, Signore. Spera l’anima mia, attendo la sua parola
6 L’anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all’aurora. Più che le sentinelle l’aurora, 
7 Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la misericordia e grande è con lui la redenzione. 
8 Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe. 

Quello che sentivo dentro, però, era soprattutto disperazione. 

Sal 88 
4 Io sono sazio di sventure, la mia vita è sull’orlo degli inferi. 
5 Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo ormai senza forze. 
6 Sono libero, ma tra i morti, come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali non conservi più il ricordo, recisi dalla tua mano. 

In questo passaggio, il disperato si sente finito, come io mi sentivo finivo, incapace, non più quello di un tempo. Avrei preferito morire che affrontare l'invalidità. Mi sentivo gabbato, dimenticato, sfidato per vedere fino a cosa potevo sopportare. Fino ai miei 40 anni mi sono preparato a morire, e credevo fosse un traguardo essere pronto ad andarmene in qualunque momento. Ma dopo la mia operazione temevo non mi fosse più sopportabile la vita. E se Dio volesse togliermi pezzo a pezzo ognuno dei suoi doni? Avevo speranza, ma in fondo avevo anche sfiducia. Dio mi era vicino o mi era lontano? 

Sal 88 
11 Compi forse prodigi per i morti? O si alzano le ombre a darti lode? 
12 Si narra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà nel regno della morte? 
13 Si conoscono forse nelle tenebre i tuoi prodigi, la tua giustizia nella terra dell’oblio? 
14 Ma io, Signore, a te grido aiuto e al mattino viene incontro a te la mia preghiera. 
15 Perché, Signore, mi respingi? Perché mi nascondi il tuo volto? 

La domanda insidiosa che si imponeva alla mia attenzione era: a che serve, in fondo, la mia vita? Dio può farne a meno. Se io morissi e vedessi Dio, non sarebbe meglio che essere costretto a vivere nel dolore? Perché, allora, Dio dovrebbe salvarmi? 

Sal 56 
14 perché hai liberato la mia vita dalla morte, i miei piedi dalla caduta, per camminare davanti a Dio nella luce dei viventi. 

In questo salmo, la scrittura dice che la salvezza è fatta per camminare davanti a Dio. Che vuol dire camminare davanti a Dio? Risponde San Paolo: 

Fil 1 21Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. 22Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. 23Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; 24ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. 

Dio, allora, non vuole che noi moriamo e andiamo in paradiso, ma che viviamo e portiamo frutto in questa vita. Noi non siamo salvati così da andare in paradiso dopo la morte. Non ci prepariamo alla morte: ci prepariamo alla vita. E' questa preparazione che costituisce la conversione. 

Ez 18 32 Io non godo della morte di chi muore. Oracolo del Signore Dio. Convertitevi e vivrete.

Convertitevi e vivrete, è lo stesso che predica Giovanni il Battista e dopo di lui il Cristo: 

Mt 3 1In quei giorni venne Giovanni il Battista e predicava nel deserto della Giudea 2dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». 

"Vivrete" e "il regno dei cieli è vicino" significano la stessa cosa: vita eterna. La "conversione" è un cambiamento di vita: da vita "mortale" a vita "eterna", ma ciò non implica con e senza il corpo. Implica camminare per sé, o "camminare davanti a Dio". Sugli ingressi dei cimiteri è scritto: "Vita mutatur, non tollitur" - la vita non viene tolta ma si trasforma. Questa trasformazione avviene mentre siamo qui, mentre siamo vivi. La conversione è prepararsi a vivere nonostante la sofferenza, in quanto Dio è a fianco a noi.