domenica 15 novembre 2009

Padre nostro

Voi dunque pregate così:

Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno;
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.

Mt 6, 9-13

Parole abituali, che conosciamo a memoria e leggiamo di volata.
Parole che abbiamo imparato da bambini, e chissà cosa hanno significato per noi allora, chissà se lo abbiamo chiesto, chissà cosa mai ci avranno risposto. Per esempio, santificare il nome di qualcuno, che caspita vorrà mai dire, in italiano? E cos'è il regno di Dio? E quando mai abbiamo contratto debiti, e che c'entra il cielo, etc, etc...
Ma è importante, perchè è Gesù che ci ha lasciato queste parole affinchè imparassimo a pregare. Abbiamo già parlato di come pregare, riferendoci a Maria. Queste parole del Cristo ci dicono cosa chiedere. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica, disponibile online, c'é una lunga sezione che commenta il Padre Nostro, a cui faccio riferimento a più riprese. Questi riferimenti sono preceduti da un numero, che indica l'articolo del catechismo da cui sono presi.

Padre...

L'espressione Dio-Padre non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato rivelato nel Figlio: questo nome, infatti, implica il nuovo nome di Padre [Tertulliano, De oratione, 3].
Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! (1Gv 3,1)

...nostro...
Il Signore ci insegna a pregare insieme per tutti i nostri fratelli. Infatti egli non dice Padre “mio” che sei nei cieli, ma Padre “nostro”, affinché la nostra preghiera salga, da un cuore solo, per tutto il Corpo della Chiesa [San Giovanni Crisostomo, Homilia in Matthaeum, 19, 4: PG 57, 278D].
Questa parolina mi ha preso molto, oggi, mentre pregavo. Forse perchè le mie preghiere sono così diverse da quest'impostazione alla prima persona plurale: chiedo per me, chiedo scusa per me, parlo per me, nella maggiornaza dei casi. Non bisogna pensare che fosse il contesto, ossia il fatto che in tanti lo ascoltavano, a obbligare Gesù a parlare in questi termini: non dice "noi" perchè si rivolge a un pubblico di "voi". Pochi versetti prima, infatti, alternava il tu e il voi durante la predicazione. Qui Gesù mi insegna e ci insegna a pregare al plurale, a cercare l'unità, ad abbattere i confini dell'ego. Se la preghiera è una lista di desideri che chiediamo siano esauditi, ebbene non chiediamolo per noi stessi e basta. Il culto di Dio passa attraverso i fratelli. Un culto di Dio privato semplicemente non esiste. È il culto di un idolo.

...che sei nei cieli...

2794 Questa espressione biblica non significa un luogo [“lo spazio”], bensì un modo di essere; non la lontananza di Dio ma la sua maestà. Il nostro Padre non è “altrove”: egli è “al di là di tutto” ciò che possiamo concepire della sua Santità.
Ben a ragione queste parole “Padre nostro che sei nei cieli” si intendono riferite al cuore dei giusti, dove Dio abita come nel suo tempio. Pertanto colui che prega desidererà che in lui prenda dimora colui che invoca [Sant'Agostino, De Sermone Domini in monte, 2, 5, 17: PL 34, 1277].

...sia santificato il tuo nome...
Secondo il Dizionario di Teologia Biblica, il concetto di "santo" è il contrario di "profano", con enfasi su questa separazione. Santo, insomma, è tutto quanto è puro, bello, giusto, amabile, contrapposto all'impurezza. Il nome di Dio è la sua presenza in mezzo agli uomini. Si parla di una manifestazione, si tratta quindi di chiedere al Signore di manifestarsi nella sua gloria. Il simpatico Ezechiele corrobora questa interpretazione:

Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. (Ez 36,23)
La santità del Signore si rivela nella nostra vita, e quindi l'augurio che facciamo in qualche maniera ci investe in prima persona! Di fatto tutto il capitolo 17 di Giovanni, che riporta la preghiera di Gesù prima della cattura, alterna la glorificazione del Padre e quella del Figlio, in quanto le azioni di Gesù hanno dato gloria al Padre, e il Padre ha dato gloria a Gesù nei segni che gli ha consentito di compiere e gliene darà ancora nella Resurrezione. Quando perciò preghiamo è come se invitassimo Dio a glorificare il proprio nome. Messo da parte il nostro impegno nella testimonianza, che altro vuol dire "glorificare"? E che ci guadagna Dio a glorificarsi? Ma soprattutto, a noi cosa cambia?
Il concetto di gloria, in aramaico, pare sia legato al concetto di "peso". Gloria ha pertanto chi o cosa sia potente, ricco, influente o bello. Dar gloria a Dio vuol dire "dargli peso", metterlo al primo posto. Cristo ha dato gloria a Dio, perché per rivelarlo è giunto alla morte, e alla morte di croce. Dio glorifica sè stesso dinanzi agli uomini quando rende evidente la sua potenza, ad esempio nei miracoli legati a Mosè.
Insomma Dio, noi ti chiediamo di poterti vedere, di poterti conoscere, di vedere la tua grandezza coi nostri occhi! Ed è chiaro cosa cambia: chiunque vuol vedere il suo amato, e chiunque ne è rinfrancato.

...venga il tuo regno...

Be' oh, questo sembra facile... In realtà il Regno di Dio è una cosa così complicata che Matteo vi dedica ben 7 parabole, e Gesù torna spessissimo su di esso. Certamente è la vita nuova dopo il giudizio universale, certamente è l'Agape cristiana, l'amore reciproco vissuto in questa vita. Nella mia esperienza personale di preghiera, questa frase significa:"Vieni Signore, e prendi il timone di questa barca, governa tu, sii tu al primo posto."


...sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.

Considerate come Gesù Cristo ci insegni ad essere umili, mostrandoci che la nostra virtù non dipende soltanto dai nostri sforzi, ma anche dalla grazia di Dio. Egli comanda ad ogni fedele che prega, di farlo con respiro universale, cioè per tutta la terra. Egli, infatti, non dice “sia fatta la tua Volontà” in me o in voi, “ma in terra, su tutta la terra”; e ciò perché dalla terra sia eliminato l'errore e sulla terra regni la verità, sia distrutto il vizio, rifiorisca la virtù, e la terra non sia diversa dal cielo [San Giovanni Crisostomo, Homilia in Matthaeum, 19, 5: PG 57, 280B].
Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno. (Gv 6,40)
2826 E' mediante la preghiera che possiamo “discernere la Volontà di Dio” (Rm 12,2 ) [Ef 5,17 ] ed ottenere la costanza nel compierla [Eb 10,36 ].
Sia fatta nella Chiesa come nel Signore nostro Gesù Cristo [Sant'Agostino, De Sermone Domini in monte, 2, 6, 24: PL 34, 1279].

Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
per il corpo e per lo spirito:

l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. (Dt 8,3)

e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
2840 Ora, ed è cosa tremenda, questo flusso di misericordia non può giungere al nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso. L'Amore, come il Corpo di Cristo, è indivisibile: non possiamo amare Dio che non vediamo, se non amiamo il fratello, la sorella che vediamo [1Gv 4,20 ]. Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all'amore misericordioso del Padre; nella confessione del nostro peccato, il nostro cuore è aperto alla sua grazia.

...e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
O dal maligno, secondo la Bibbia di Gerusalemme. La traduzione è cambiata, perchè il verbo aramaico da cui sarebbe stata ottenuta la versione greca ha un significato permissivo, del tipo: non lasciare che cadiamo in tentazione.
Personalmente amo molto questo cambiamento, perchè nella tentazione non si ha la sensazione di essere tormentati da Dio, piuttosto si ha l'impressione di esserne abbandonati.


Padre nostro, che sei nella beatitudine celeste, che ti levi così alto di fronte agli uomini, così bello e grande, Dio, mio Signore,
fatti vedere in mezzo a noi e per mezzo nostro, affinchè tutti ti conoscano,
e tu possa regnare veramente in questo mondo e nel nostro cuore.
Allora, ciascuno amerà il prossimo suo come sè stesso,
con lo stesso amore con cui tu ami tuo Figlio, con lo stesso amore degli angeli del cielo, quella Carità che resta in eterno, quando i cieli e la terra sono passati.
Provvedi tu al nostro sostentamento materiale e spirituale, il necessario, senza fasto, ma non lasciare che alcuno ne sia privo;
perdona le nostre mancanze, e noi ci impegnamo a perdonare allo stesso modo le mancanze degli altri verso di noi, perché Signore, in te siamo così ricchi di amore, che possiamo perdonare tutto a tutti. Poiché tu ci hai amato per primo, continuamo ad amare, poiché tu per primo ci hai rivelato le nostre debolezze ai nostri occhi e le hai perdonate, noi pure perdoniamo.
Nel momento della sofferenza e della distanza, quando non teniamo piú fede a te e amiamo male, Signore, non ci abbandonare. Resta con noi e sii pronto a rialzarci dal fosso in cui siamo caduti, non lasciare che ci disperiamo, non lasciarci incattivire nella durezza del nostro egoismo. Non lasciarci nella schiavitù del peccato, ma amaci una volta ancora Signore, e donaci il tuo Spirito, perchè dove è il tuo Spirito è la libertà.
Amen

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