domenica 28 marzo 2010

La Pasqua

Ovvero, il passaggio. È Dio che passa, e sceglie i primogeniti dell'Egitto perchè siano mandati a morte, mentre coloro che portano il segno dell'agnello vengono risparmiati.

Il Signore disse a Mosè e ad Aronne nel paese d'Egitto: «Questo mese sarà per voi l'inizio dei mesi, sarà per voi il primo mese dell'anno. Parlate a tutta la comunità di Israele e dite: Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l'agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, nato nell'anno; potrete sceglierlo tra le pecore o tra le capre e lo serberete fino al quattordici di questo mese: allora tutta l'assemblea della comunità d'Israele lo immolerà al tramonto. Preso un po' del suo sangue, lo porranno sui due stipiti e sull'architrave delle case, in cui lo dovranno mangiare. In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell'acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere. Non ne dovete far avanzare fino al mattino: quello che al mattino sarà avanzato lo brucerete nel fuoco. Ecco in qual modo lo mangerete: con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano; lo mangerete in fretta. È la pasqua del Signore! In quella notte io passerò per il paese d'Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo o bestia; così farò giustizia di tutti gli dèi dell'Egitto. Io sono il Signore! Il sangue sulle vostre case sarà il segno che voi siete dentro: io vedrò il sangue e passerò oltre, non vi sarà per voi flagello di sterminio, quando io colpirò il paese d'Egitto. Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne.
Es 12, 1-14
Dal momento in cui viene istituita, la Pasqua è una festa particolare: è una festa d'azione, e strettamente comunitaria.
Ma che strana! "Mangerete l'agnello coi fianchi cinti e i sandali ai piedi". Come fossero loro a dover "passare", perché la cinta e i sandali sono gli attributi del viaggiatore, di colui che esce di casa. Siate sempre pronti coi fianchi cinti e la lucerna accesa!
Il Signore ci chiede di vivere con attenzione. Di essere pronti al momento del suo passaggio nella nostra vita.
I padri della chiesa hanno visto in questo passo dell'AT la profezia della croce:

Allora il Signore mandò fra il popolo serpenti velenosi i quali mordevano la gente e un gran numero d'Israeliti morì. Allora il popolo venne a Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti». Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a Mosè: «Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita». Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.
Nm 21,6-9
Qui Mosè (il mio eroe!) si incarica di costruire un serpente di bronzo affinchè gli israeliti morsi dal serpente si salvino guardando al monumento.
Ora non so voi come ve l'immaginate, ma se uno mette un serpente di bronzo su un bastone appare più o meno così:

T

simile a una croce, insomma! A parte questa, che può essere una simpatica coincidenza, Gesù stesso dice: quando sarò sollevato da terra attirerò tutto a me. (Gv 12,32)
Chi guarda il monumento del serpente è salvo; chi ha lo sguardo rivolto alla croce è salvo! Ma perché?
Gesù è l'agnello il cui sangue segna la nostra salvezza. Dio ha dato il suo figlio unigenito perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna (Gv 3, 16).
Chi guarda alla croce guarda al figlio di Dio.
Chi ha il figlio di Dio ha la vita, chi non ha il figlio di Dio non ha la vita. (1Gv 5, 12)

Dunque Dio in questa pasqua, e nella pasqua quotidiana, ci domanda: hai la vita? Se hai la Vita, dalla! Quest'acqua diventerà in te sorgente di vita eterna.

Se a questa domanda noi rispondiamo "No", non c'è da aver paura. Dio ci ha già fornito il mezzo per salvarci: guardiamo la croce.
Perchè la croce, perché il sacrificio? Nella croce noi guardiamo il peccato inchiodato, vediamo l'impotenza e la debolezza umana "monumentata". Gesù sulla croce è ridotto all'impotenza, si sente perduto e abbandonato. La croce è uno specchio della nostra malattia, della schiavitù che ci affligge come affliggeva gli israeliti in Egitto.
La salvezza ci giunge attraverso il passaggio (pasqua = passaggio) attraverso la croce. Questo è importante e distintivo del cristianesimo: altre religioni risolvono il problema del dolore con l'eliminazione dello stesso (es. attraverso l'eliminazione dei desideri nel buddismo); il Dio che noi conosciamo ci chiede invece di passarci.
Quando mi capita di soffrire, ecco vedo subito le mie debolezze, la dipendenza dagli altri, dal consenso, dalla comodità, la mancanza di obbedienza alla volontà di Dio, la mancanza di fede. Ciò non ostante mi resta una ripulsa atavica della croce, della sofferenza, dell'affrontare le asperità, che a volte mi fa disperare. E forse la disperazione è peggio del peccato stesso: il peccato ci allontana da Dio, ma non dal suo perdono. Se però disperiamo di essere salvati, allora rifiutiamo pure il suo perdono.
Non è che Dio goda nel vederci soffrire: Monsignor Comastri, nel commentare la frase "Dio mio, perché mi hai abbandonato", rileva un errore apostolico fatto nel passato nel presentare la passione di Cristo come un sacrificio a un Dio assetato di giustizia, che sta in cielo a guardare con le braccia conserte lo scempio del suo Figlio. Egli commenta che proprio in quel momento la Trinità e unita nella redenzione, e non separata, e propone che la frase di Gesù vada intesa non isolata, ma nel contesto da cui è presa, ossia il salmo 21, del quale riporto alcuni versetti che avvalorano l'ipotesi del Monsignore:

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza»:
sono le parole del mio lamento.
Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico».
È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.
Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
Egli non ha disprezzato
né sdegnato l'afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
E io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l'opera del Signore!».
Sal 21, 2.7-9.16-20.25.28.30-32

San Bernardo, di fronte allo stesso problema che si è posto Comastri, rispose che non la sofferenza di Cristo piacque al Signore, ma l'obbedienza di Lui, il desiderio tanto grande di fare la volontà di Dio, e non la propria, da farlo obbediente fino alla morte, e alla morte di croce.
Figlio, se ti presenti per servire il Signore,
prepàrati alla tentazione.
Abbi un cuore retto e sii costante,
non ti smarrire nel tempo della seduzione.
Sta' unito a lui senza separartene,
perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni.
Accetta quanto ti capita,
sii paziente nelle vicende dolorose,
perché con il fuoco si prova l'oro,
e gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.
Sir 2, 1-5

Ebbene, guardiamo la croce. Gesù passa, è la Pasqua del Signore. Dobbiamo chiedere profondamente al Signore questa luce su di noi. Chiederla con fede. Guardare il crocifisso. Guardarlo negli occhi. Guardare negli occhi un malato, se lo visitiamo. Guardare negli occhi un povero, se gli facciamo l'elemosina. Guardare negli occhi un carcerato, se lo visitiamo. È difficile, non é vero? Io lo trovo difficile. La sofferenza fa paura a tutti. Ci costringe a vedere il nostro tesoro, e allo stesso tempo il nostro limite. Ci costringe a sentire su di noi il peso di un debito di grazia che non potremo mai saldare.
Prepariamoci a questa Pasqua cercando gli occhi di Gesù sulla croce. Se il suo sguardo ci dà serenità, se sentiamo che ci ha dato la vita, comunichiamola. La Pasqua è comunità, è popolo di Dio in cammino.
I nostri talenti sono per Lui. Nient'altro che Dio è degno dei doni che Egli ci ha fatto.


Perché, Signore, questo a volte lo sento, altre volte svanisce? Cosa determina la Fede, cosa la sfiducia? Cosa la Speranza, cosa la disperazione?
Sono bagliori di grazia che penetrano il velo dell'umanità come attraverso squarci. Quanto è umano, fisico, terreno, attira lo sguardo e impedisce di mettere a fuoco il divino. Adesso vediamo come in uno specchio, vagamente; ma un giorno vedremo pienamente e conosceremo completamente, come siamo conosciuti. Cerco certezze, e le cerco nei sensi. Anche le certezze sono una ricchezza che allontana dal Regno di Dio. Le certezze dei sensi nel mio cuore diventano un tesoro, che obnubila il riconoscere la debolezza umana, e là dove c'è forza tu, Dio, non entri. Poichè sei venuto per i malati, non per i sani.
Nella povertà hai scelto di manifestarti, poichè dal nulla hai creato la terra, dai fianchi di una sterile e di una vergine hai tratto Giovanni e Gesù, da un popolo minuto hai tratto la chiesa, dai deboli hai tratto i santi.
Signore ti prego di darmi la forza per questo passaggio, di farmi sentire nel cuore la tua presenza come hai fatto con Gesù, che umanamente si è sentito solo di fronte alla sofferenza e alla morte, e divinamente ha trovato in te il suo conforto, fino a dirti con fiducia: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". A volte penso con desiderio alla tua pace eterna, come forse ci ha pensato anche Gesù quando ti ha chiesto di allontanare da lui il calice dell'umiliazione che lo attendeva; ma ha poi concluso che altra era la tua volontà.
Ti prego, Signore, accendi nel mio cuore la fede che proprio questa è la tua volontà, lasciami vivere con fede questo passaggio e questa pasqua. Amen

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